Questo articolo inizia con la nota domanda: quanti di noi sono consapevoli che la Carta…
Misurare le competenze digitali dei cittadini secondo il modello europeo, a che punto è l’Italia
Il DigComp 2.2
Possedere competenze digitali adeguate è indispensabile per svolgere le diverse attività della vita privata, accedere al lavoro e riqualificare le persone disoccupate.
L’importanza delle nuove tecnologie nella vita dei cittadini è riconosciuta anche dall’Unione europea che si è posta l’obiettivo di portare entro il 2030 l’80% della popolazione tra i 16 e 74 ad avere competenze digitali almeno di base in tutti e cinque i domini definiti dall’attuale quadro di riferimento delle competenze digitali, denominato DigComp 2.2 (Digital Competence Framework for Citizens).
Si tratta di uno strumento che fornisce un linguaggio comune per identificare e descrivere le aree di competenze digitali: comunicazione e collaborazione, alfabetizzazione su informazioni e dati, sicurezza, risoluzione di problemi, creazione di contenuti digitali.
Per ogni area di competenza, all’interno del DigComp 2.2 sono definite le specifiche competenze da acquisire e i livelli di padronanza, indispensabili per monitorare il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento e supportare la definizione di percorsi di miglioramento e di formazione.
Nel DigComp 2.2 si affronta anche il tema dell’intelligenza artificiale attraverso l’individuazione di 73 target per migliorare la capacità dei cittadini di padroneggiare i sistemi di intelligenza artificiale in modo critico e sicuro.
Il DigComp 2.2 è affiancato dalla piattaforma Digital Skills and Jobs Platform (piattaforma online dedicata alle competenze e ai lavori digitali), dove ogni cittadino europeo può effettuare un’autovalutazione delle proprie competenze digitali.
Gli indicatori per il monitoraggio delle competenze digitali
Il DigComp 2.2 utilizza i livelli di padronanza per monitorare lo stato di acquisizione delle competenze digitali da parte dei cittadini. Esistono inoltre altri indicatori europei e nazionali che forniscono delle interpretazioni interessanti.
Il DESI
L’indicatore europeo principale per analizzare lo stato di digitalizzazione dei Paesi europei è il DESI (Digital Economy and Society Index), introdotto nel 2015 dalla Commissione europea per monitorare la competitività digitale degli Stati membri attraverso la pubblicazione di relazioni annuali. È un indice composito che fornisce informazioni sulla base di punteggi distribuiti in quattro categorie: capitale umano, connettività, integrazione delle tecnologie digitali, servizi pubblici digitali.
Nel 2019 l’Italia era posizionata al ventiquattresimo posto e negli anni successivi è risalita fino a raggiungere nel 2022 la diciottesima posizione. L’area di maggior criticità del nostro Paese è proprio il capitale umano.
Il Digital decade
Dal 2023 il DESI è sostituito dal Digital decade (Rapporto sullo stato del decennio digitale), una relazione annuale in cui la Commissione europea valuta i progressi con i quali l’Unione europea sta raggiungendo i target per il decennio digitale 2030 e formula le raccomandazioni per le azioni necessarie.
Nel Digital decade sono definiti quattro assi di intervento (competenze, imprese, Pubblica amministrazione, infrastrutture), a ognuno dei quali è associato uno specifico set di indicatori, che rappresentano la bussola per orientare le politiche digitali europee.
Nel secondo Rapporto sullo stato del decennio digitale, presentato il 02/07/2024, è evidenziato come il Paese sconti grosse lacune per riguarda le competenze digitali dei cittadini (solo il 48% degli italiani possiede quelle di base).
Il rapporto ISTAT
Nel rapporto dell’ISTAT (Istituto italiano di statistica) Le competenze digitali dei cittadini – Anno 2023, presentato il 21/06/2024, l’Italia si colloca in ventitreesima posizione tra gli Stati europei per competenze informatiche.
Nel panorama europeo, l’Italia è infatti uno dei Paesi con la quota più bassa di persone con competenze digitali almeno di base, con una distanza dalla media europea di quasi 10 punti percentuali: possiedono competenze digitali adeguate il 59,1% dei giovani tra i 16 e i 24 anni e il 45,9% degli adulti, che si riducono ad appena il 19,4% tra 65 e 74 anni.
Il DESI regionale
Gli Osservatori digital innovation della School of management del Politecnico di Milano hanno definito un indice DESI con cui monitorare lo stato della digitalizzazione delle Regioni italiane sulla base di quattro dimensioni: capitale umano, connettività, integrazione delle tecnologie digitali, servizi pubblici digitali. Per quanto riguarda il capitale umano sono stati misurati: competenze digitali, formazione superiore, mercato del lavoro, utilizzo di internet, specialisti ICT.
Il DESI regionale mette ancora una volta in evidenza come il punto debole del Paese sia il capitale umano, con un divario regionale significativo lungo l’asse Nord-Sud e una differenza ampia tra le Regioni migliori e quelle peggiori: la Regione fanalino di coda è la Calabria, mentre la migliore è il Lazio che occupa i primi posti insieme a Lombardia e Piemonte. L’Italia rimane agli ultimi posti della classifica europea per cittadini tra i 25 e i 64 anni con un titolo di studio terziario: 20,3% rispetto alla media europea del 34,3%.
Conclusioni
Nonostante l’Italia migliori in molti ambiti relativi alla transizione digitale, quello delle competenze richiede ancora una serie di interventi strutturati per riportare il Paese nei primi posti delle classifiche europee con cui i vari strumenti monitorano le nostre performance.
Le azioni che il Governo ha introdotto all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per rafforzare l’utilizzo degli strumenti digitali da parte dei cittadini, tra le quali il servizio civile volontario e la rete dei punti di facilitazione digitale, sono una risposta che può rivelarsi efficace.
Ogni rapporto evidenzia, comunque, come in Italia la Pubblica amministrazione e le imprese private debbano aumentare i loro sforzi nello sviluppo delle competenze digitali, sia con percorsi di ‘upskilling’ (crescita delle attuali competenze) sia di ‘reskilling’ (nuove competenze non possedute).